Stiria: verde, velocità e Jochen Rindt | Pirelli

Stiria: verde, velocità e Jochen Rindt

Quando entri in Stiria, il primo colpo d'occhio dice senza tema di smentita che siamo nel Land più verde dell'Austria. Verde e pascoli dappertutto, boschi e foreste a ricoprire quasi il 60 per cento del territorio. Vallate ampie e un senso di bucolica pace. Cuore verde anche in senso sociale e politico, con i villaggi che difendono con le unghie la loro distanza da un progresso rumoroso e invadente, con i centri storici più vietati al traffico a motore che l'Europa propone. Traffico diluito, rigorosamente attento ai limiti; piccoli alberghi e ristoranti che difendono il loro stile anni Sessanta e Settanta; una televisione fra le più conservative e non urlate in Europa: l'Austria è questo; la Stiria, ancora di più.

Eppure, a inizio luglio, da questo mondo in formato Heidi emerge prepotente un aspetto imprevedibile: l'amore per la velocità, per la tecnica da corsa. Arriva il Gran Premio d'Austria e uno pensa a quando il Mondiale F1® tornò da quelle parti nel 2014, soltanto due anni fa, e in quei giorni gli allevatori della zona portarono in strada una protesta a voce alta: il rombo delle monoposto, dissero, terrorizzava le mucche che smisero di produrre latte per almeno una settimana. Poi i timori della collettività agricole si acquietarono, anche grazie alla generosità di sostegni economici che il potente Dieter Mateschitz, patron del marchio Red Bull e anche del circuito di Spielberg, sparge a pioggia sul territorio e suoi suoi abitanti affinché la settimana del Gran Premio tutto proceda alla perfezione. Gli austriaci, si sa, sono ordinati. E anche le villette disseminate attorno al circuito in questi giorni sembrano uscite da una rivista specializzata: giardini e davanzali perfetti sono assicurati da un plotone di giardinieri messi gratuitamente a disposizione da Mister Red Bull, il quale a volte si è spinto anche a regalare biciclette nuove agli abitanti scoraggiandoli quindi all'uso dell'auto nei giorni di prove a gara.  

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Chissè se è questo mix di passioni e ordine sociale che ha contribuito a formare la personalità a 300 all'ora di Jochen Rindt, primo campione del mondo F.1 di passaporto austriaco (il secondo, e ultimo, è stato Niki Lauda, iridato tre volte). Nel 1944 Rindt, a soli due anni di età, fu costretto a lasciare la nativa Mainz (Magonza) in Germania. Orfano di entrambi i genitori a seguito di un bombardamento alleato, Jochen finì a casa dai nonni, nei pressi di Graz. Un'infanzia come tanti, nell'Austria che si sfilava di dosso il vassallaggio alla Germania ora sconfitta da americani e russi. Attorno al giovane Jochen, la elegante e tranquilla Graz, con le sue atmosfere particolarissime in quell'angolo d'Austria che respira un po' di mediterraneo, confinando con Slovenia e Italia. Il giovane Jochen arrivò presto a respirare quel profumo di velocità e di motori che ne fece prima un star locale, quindi un pilota di massimo livello, votato proprio a quel senso di velocità assoluta e al di là del rischio che nei primi due decenni dopo la Guerra costituivano l'unico, eroico senso delle corse. Fu proprio la grande predisposizione a gare velocissime, al volante della Lotus già resa grande da Jim Clark e da Graham Hill, che nel 1970 portò Rindt a laurearsi campione del mondo. Il primo titolo, come si diceva, di passaporto austriaco. Ma anche, tragicamente, l'unico postumo: un drammatico incidente a Monza, quart'ultima gara stagionale, lo lasciò irraggiungibile a livello di punti iridati; ma raggiunto, purtroppo, da una morte che ancora oggi viene ricordata come una delle più terribili della storia delle corse.

Oggi a Rindt è intitolato il circuito di Spielberg. O A1 Ring, secondo le denominazioni ufficiali. Parliamo di un tracciato di poco più di quattro chilometri, tutti in collina: a parte il rettilineo davanti ai box, tutto il resto è in continua salita o discesa, a iniziare dal tornantino che avvia il giro inerpicandosi immediatamente su per la salita più ripida di tutto il campionato. Tutto il resto, invece, è in curva: il che permette ai piloti di spingere il piede sull'acceleratore e superare i propri limiti.