Sorpassi zero. Anzi no | Pirelli

Sorpassi zero. Anzi no

SORPASSI ZERO.  ANZI NO
SORPASSI ZERO. ANZI NO

Nessuna curva veloce, nessun punto in cui ‘lasciare andare' la monoposto in quell'equilibrio estremo, sempre sul limite ultimo dell'aderenza, che traccia il confine fra il pilota e il campione. Il circuito teatro del GP Ungheria è così. 4.381 metri di sviluppo con un solo vero rettilineo, quello davanti ai box. Poi un allungo in salita fino in cima alla collina e tutto il resto perennemente in curva. Curve lente, però, o medio lente: garanzia di processione continua senza una vera possibilità di sorpasso. Anche perché, particolarmente con il caldo, la linea ideale di percorrenza diventa stretta e mettere due ruote sui lati del circuito, presto molto sporchi e scivolosi, diventa un azzardo. La storia del GP ungherese parla infatti questa lingua. Partire in testa significa avere in tasca mezza vittoria: sorpassi particolarmente difficili e strategia spesso decisa dalle soste ai box sono la costante delle 30 edizioni disputate dal 1986 allo scorso anno. Costante o quasi, perché qualche eccezione non è mancata.

La prima subito, il primo anno. Senna in pole position, con la Lotus spinta dal 6 cilindri turbo Renault che in quel 1986 era all'avanguardia per potenza massima ma pagava pegno a causa di un'erogazione molto scorbutica. Al suo fianco in prima fila, Nelson Piquet con la Williams spinta dal turbo Honda. Tutto andò secondo copione per 32 dei 76 giri in programma. Senna davanti, a controllare con il mestiere una leadership difendibile in curva, proprio per via della linea unica disponibile, anche sotto gli assalti di inseguitori magari molto dotati tecnicamente. Tanto, in rettilineo, i cavalli del turbo Renault bastavano a tenere tutto sotto controllo. Alle sue spalle, però, Piquet spingeva. La sua Williams era migliore a livello di telaio e aerodinamica: si vedeva che il pilota di Brasilia era potenzialmente più veloce di Senna ma non trovava spazi per un attacco vero e proprio. 

Tutto accadde alla fine del 31 giro. Piquet prese una scia formidabile sulla discesa finale dei rettilineo box. Arrivato al punto di staccata, attaccò con grande decisione ma non all'interno del curvone a destra a fine rettilineo, dove era logico attendersi un eventuale attacco. Attaccò sulla sinistra, all'esterno: la sua Williams, obbligata a una frenata estremamente ritardata, finì quasi in testacoda e Senna all'interno riuscì a mantenere la prima posizione. Tutto sembrava finito lì: Piquet aveva ripreso il suo quasi-testacoda per miracolo e Senna si sentiva ancora più al sicuro. Ma esattamente un giro dopo: identico attacco, stesso punto, stesso testacoda sfiorato. Ma questa volta Piquet non rinunciò: tenne giù il gas a con un controsterzo di tipo rallistico, percorse tutto il curvone all'esterno in una sbandata che ormai sembrava non più controllata e concluse la manovra riuscendo a passare davanti a Senna incredulo e impotente. Il resto della gara scorse come da copione: la superiorità telaistica della Williams consentì a Piquet di comandare le danze per i 44 giri rimanenti e di vincere con oltre 17 secondi di vantaggio. Fu una giornata di grandissima scuola automobilistica: il pilota oltre il livello tecnico delle monoposto.

Nuova scuola di sorpasso, tre anni dopo. In prima fila ancora Senna, secondo in qualifica alle spalle della Williams dell'italiano Patrese ma conscio della superiorità della sua McLaren-Honda regina annunciata del campionato. In settima fila, la Ferrari di Mansell, apparentemente fuori dai giochi. Ma anche questa volta l'uomo era pronto a fare la differenza. Fermo dopo 52 giri Patrese per problemi tecnici, in testa fin dal via, Senna prese il comando. Ma soltanto per ritrovarsi alle spalle Mansell autore di una rimonta prodigiosa, sorpasso dopo sorpasso, in quasi ogni punto del circuito, anche quelli apparentemente impossibili. La Ferrari sembrava trasformata, ma la McLaren di Senna teneva il centro pista nella certezza di potersi difendere fino al traguardo. Mansell però non la pensava così. Arrivato in scia alla McLaren, realizzato che senza un rallentamento di Ayrton non avrebbe trovato una chance vera e propria per attaccarlo, iniziò a farsi vedere negli specchietti una curva dopo l'altra. Arrivato all'inizio della salita che da dietro i box conduce in cima alla collina, vide là davanti la più lenta Onyx di Johansson. Senna e Mansell si avventarono su per la salita e Ayrton andò a cercare la scia della Onyx per trovare ancora un po' di velocità massima. Arrivato alle spalle di Johansson, Senna fece per attaccarlo sulla destra ma soltanto per trovarsi la traiettoria sbarrata da Mansell che aveva effettuato esattamente la stessa manovra su di lui. Costretto a sollevare il piede dal gas per non tamponare la vettura che avrebbe dovuto doppiare, Ayrton fu costretto a lasciare strada a Mansell, che andò a trionfare in un tripudio di bandiere rosse, regalando la seconda vittoria stagionale alla Ferrari. 

Un altro sorpasso regalato dall'uomo più che dalla tecnica. Altre manifestazioni come quelle appena raccontate si sono registrate da allora a oggi, ma senza bagliori assoluti di questo livello. L'Hungaroring resta un circuito affascinante ma quasi impossibile per i sorpassi. Ma l'uomo ogni tanto si ricorda del suo potere e va oltre la tecnica.