Di lui i manuali di Formula 1 ricordano soprattutto il titolo iridato conquistato nel 1976 per un solo punto su Niki Lauda, ritornato quasi per miracolo dal fuoco del Nürburgring. Ma la sua storia va oltre: racconta il pilota prototipo di quei roboanti Anni 70, tutto istinto e velocità e rischio; donne, bella vita ed emozioni anche forti. Grandi doti e molto spreco, energie perdute in rivoli destinati a indebolire anche la più forte professionalità, come già anni prima Enzo Ferrari aveva dipinto in quella che da allora si definisce la Parabola del Campione.
Ma torniamo a Hunt. Fin dall’infanzia ama lo sport. Gioca a cricket, a calcio (in porta si segnala come ottimo portiere), a tennis e si appassiona allo sci fino a quando rimedia un braccio fratturato sulle piste scozzesi. A 17 anni prende la patente: da quel giorno, sottolineerà, inizia la sua vita vera. A 18 anni conosce Chris Ridge, fratello di Simon con il quale gioca in doppio a tennis. Chris sta preparando la sua Mini per una gara Club a Silverstone, dove James viene invitato e dove, subito, scoppia l’amore per le corse. Anche lui inizia con le Mini ma già nel 1968 è in Formula Ford, a quei tempi massima fucina di talenti. Vi debutta con una Russell-Alexis Mk14 che paga a rate con i proventi di un impiego quasi di fortuna presso una compagnia telefonica. Debutta con un brillante 5° posto, nonostante un calo del motore. Vince molto presto, a Lydden Hill, e a Brands Hatch -una delle due cattedrali inglesi della velocità- fa segnare il giro più veloce in gara.
Nel 1969 debutta in Formula 3 e già alla seconda gara finisce sul podio insieme a Emerson Fittipaldi, destinato a vincere tre anni dopo il primo dei suoi due Mondiali F1. Presto la carriera si riempie di belle prestazioni e anche di parecchie uscite di strada e incidenti, tanto da soprannominarlo Hunt the shunt (Hunt lo schianto...). E’ con questo passaporto comportamentale che si affaccia alla Formula 1. In pista si prende a spintoni con altri piloti per litigi sportivi, alla sera fa le ore piccole in discoteca e non disdegna alcoolici e altri eccipienti non proprio da campione sportivo. E’ alto, biondo, bellissimo: le donne gli cadono ai piedi anche prima della grande fama. Nel 1972 la March lo appieda in Formula 2: la sua storia di pilota sembra al capolinea quando gli viene presentato l’eccentrico e ricchissimo Lord Alexander Hesketh, amante come lui del glamour, delle serate, dello champagne ai box. Con una March prima e una Surtees poi, Hunt prosegue nel suo cammino: acuti in pista e delusioni ai box, con Hesketh che decide di abbandonare la Formkla cadetta e concentrarsi sulla Formula 1.
Nel 1973 debutta il team Hesketh F1. Il paddock fatica a prenderlo sul serio: la monoposto è una comune March 731, ma le cure dell’aerodinamico Harvey Postlethwaite la rendono competitiva. Hunt va a punti in Francia; a Brand Hatch è quarto con il record sul giro in gara. Poi fa terzo in Olanda e addirittura secondo negli Stati Uniti, il che gli regala l’ottavo posto nel Mondiale F1 e la conquista del rinomato Trofeo Campbell quale miglior pilota britannico della stagione. Dopo altri tre podii nel 1974, il ’75 è l’anno della sua esplosione. Anno dominato da Lauda con la Ferrari, ma la piccola Hesketh regala a Hunt una grandissima vittoria proprio su Niki in Olanda. E siamo al 1976, il suo trionfo.
Se ne sono scritti libri, si sono girati film (l’ultimo, il celeberrimo Rush di pochi anni fa), e infatti il campionato ’76 resta a oggi la stagione più drammatica e imprevedibile del Mondiale F1. Si parte con la Ferrari e Lauda che dominano come l’anno precedente. Hunt, passato nel frattempo alla McLaren, è ormai l’alter ego del campione austriaco. I due sono amici fuori dalle piste e acerrimi rivali con la visiera del casco calata. Niki è soprannominato il Computer: mai un errore; metodo e applicazione oltre ogni livello, primo vero esempio di pilota professionista dedicato 24 ore su 24. Hunt è il suo opposto: ribelle, anticonformista, si aggira per il paddock a piedi nudi fumando smaccatamente e non solo sigarette... Posa per pubblicità discutibili fasciato da una tuta da pilota semiaperta sui pettorali e abbracciato a una modella in quasi topless. Si arriva ad agosto con Lauda imprendibile in classifica. Fra le poche gare che non ha vinto a quel punto, ci sono la Spagna (corsa da Niki con una costola fratturata) e la Francia (Ferrari ko di motore). Hunt le ha vinte entrambe. In Germania, l’1 agosto, il ferrarista finisce all’ospedale dopo un terribile incidente sul bagnato al Nürburgring. I vapori dell’incendio che ha carbonizzato la Ferrari gli hanno intossicato i polmoni e le fiamme gli hanno massacrato la faccia e la testa. Quando Lauda torna in gara, a Monza dopo altri due GP non disputati, Hunt è molto più vicino. Il finale di stagione prevede Stati Uniti, Canada e il debutto della F1 in Giappone. L’inglese domina oltre Atlantico, facendosi pericolosissimo in termini di classifica, e arriva anzitempo in Giappone per assorbire al meglio i pesanti cambi di fuso.