Chica Loca, donne che si mettono alla prova | Pirelli

Chica Loca, donne che si mettono alla prova

“Se riesci ad attraversare il deserto in moto puoi fare tutto. Non aver paura di niente. Parlare in pubblico. Presentare un progetto in riunione. Far valere le proprie idee, in famiglia e sul lavoro. Niente può fermarti”. L'obiettivo ultimo è la crescita della propria autostima, diventare consapevoli del proprio valore e difenderlo. Non ha dubbi Vittoria Dami, quando le viene chiesto cosa spinga venti donne a inforcare una motocicletta e ad attraversare il deserto dell'Oman in una settimana. “Tra noi la chiamiamo motostima, perché percorrendo in moto sulla sabbia tra i 100 e 180 km al giorno, cresce l'orgoglio per quello che si è in grado di fare”.

Di certo serve la voglia di mettere alla prova i propri limiti e non è un caso che l'avventura tutta al femminile che coinvolge motocliste professioniste e no si chiami Chica Loca. Dopo l'esperienza del Marocco, nel 2020 è stata la volta dell'Oman, con partenza da Salalah, nel Sud del Paese. A guidarle e a organizzare il raid, la pluricampionessa di motorally, Enrica Perego, direttore di gara dell'evento, e Vittoria Dami, produttore e organizzatrice con la passione della moto. Pirelli ha fornito le gomme.

Al loro fianco molte amanti dell'avventura e alcune motocicliste professioniste, come Anna Sappino, più volte campionessa italiana di enduro, Anna Ghiraldini, campionessa italiana di raid TT 2017, e la professionista Martina Beltrandi, che insieme capitavano il gruppo Lady Enduro project (Victoria Demma, Susanna Grasso, Michela Anzigliero, Deborah Niada), donne tutte unite dalla passione per le due ruote.

La strada è stata lunga. Lasciata Salalah, le motocicliste hanno raggiunto e lambito la città di Ubar, l'Atlantide del deserto, chiamata così perché sprofondata per la presenza di una grotta calcarea sotterranea. E' l'ultima oasi prima del deserto del Rub'Al Khali, il secondo più grande al mondo dopo il Sahara. Qui sono state le prove più dure.

Lo sa bene Elisa Rovizzi, che per una caduta si è fratturata una costola, eppure il giorno successivo non si è data per vinta, si è rimessa in sella e ha portato a termine la tappa. Poi il dolore e la diagnosi certa l'hanno costretta al ritiro. “Non mi piace abbandonare quello che inizio, ma da questa avventura ho imparato che bisogna anche saper rinunciare”, sostiene Elisa, al suo secondo Chica Loca, dopo essere tornata a fare buste paga e a occuparsi di diritto del lavoro. Si è portata nel cuore tutte le sue compagne di viaggio che l'hanno consolata e incitata.

Anche Irene Pezzanera è caduta in una parte del tracciato che sembrava più facile, un trasferimento: la moto dopo un salto si è imputata nella sabbia e non ha potuto evitare la capriola. “Ho preso una botta alla spalla e alla gamba, ho battuto anche la faccia, ma sono riuscita a proseguire”, racconta Irene che con tenacia e caparbietà ha comunque portato a termine la gara fino in fondo. La passione per la moto, gliel'ha trasmessa la mamma e nel deserto, lei che ogni giorno si occupa di amministrazione in una azienda di giocattoli ecosostenibili, ha trovato se stessa: “Ho capito quali sono i miei limiti, fino a dove posso arrivare. L'adrenalina era la mia benzina”.

Susanna Grasso nella vita fa l'ingegnere ambientale, ama i viaggi, ha gareggiato nel motorally e nell'enduro, ma non aveva mai guidato nel deserto. La passione le è rimasta e Chica Loca è stata l'occasione per tornare in sella. “Un'esperienza unica, per i paesaggi per l'avventura di vivere nel deserto, per l'incontro con una cultura differente”.  Si è trovata a superare distese di sabbia e sassi o guadare wadi, piccoli canyon in secco che si gonfiano d'acqua solo con le piogge stagionali. Ogni sera lei e le altre, dopo aver guidato tutto il giorno, montavano le tende per il bivacco notturno. “Abbiamo vissuto con una tenda, quattro vestiti, acqua e poco cibo, senza tecnologia, supermercati o altri oggetti materiali. Ed eravamo felici. E' scioccante vedere quante cose riteniamo fondamentali, ma in realtà sono superflue”.

Il fascino della notte nel deserto con cieli stellati compensava le visite di scorpioni e topolini della sabbia. “Ci siamo consolate, confidate e divertite”, dicono oggi le protagoniste, tornate tutte con un senso di appartenza a un gruppo in cui si è creata una chimica speciale. “La sera prima di cena, accampate nel nulla, abbiamo vissuto momenti bellissimi. Noi, solitamente iperconnesse, nel deserto eravamo isolate dal resto del mondo, nessun cellulare prendeva. Abbiamo riscoperto il piacere di chiacchierare intorno a un fuoco”, racconta con nostalgia Gaia Franceschini Beghini immersa nella routine di tutti i giorni, il marketing digitale. Nei discorsi si mischiavano i consigli delle più esperte con le insicurezze di chi aveva meno confidenza con la moto enduro e si intrecciavano storie di vita.

L'ultima tappa è stata una corsa verso il mare. La sera, le ragazze hanno dormito sul greto di un fiume, poi appena sorto il sole sono ripartite attraverso una serie di piattoni e dune per arrivare a un tratto asfaltato. Settanta chilometri che finivano in uno sterrato che le ha portate in cima a una montagna di mille metri. Da lì è iniziata la discesa verso il traguardo, una discesa ripida terminata sulle splendide spiagge di Fazayah.

“E' stato il momento più bello, perché scendendo vedevi il mare, un arrivo da favola in spiaggia. Tutte, tagliato il traguardo, ci siamo tolte la tuta e ci siamo buttate in mare così come eravamo”, spiega Michela Anzigliero, mamma di tre figli che fino a due anni fa non andava nemmeno in moto. La voglia le è venuta accompagnando col marito motociclista uno dei figli alle gare di Motocross. “Quando mi sono buttata in mare, ho pensato ‘ce l'ho fatta', una sensazione meravigliosa, di pienezza”. Per tutte il tuffo è stato liberatorio, la degna chiusura di una dura prova che le ha portate a testare i propri limiti.