Di Ayrton Senna ci resta quell’espressione angelica. Uno sguardo distante, come se fosse in collegamento riservato con qualcosa di altissimo, irraggiungibile. Ma dietro quegli occhi c’era il fuoco: fiamme che si sprigionavano quando l’uomo lasciava il posto al pilota, si infilava in un abitacolo, abbassava la visiera e stringeva il volante. Emozioni potenti, capaci di contagiare anche chi di corse non si dilettava più di tanto. E che oggi rendono quasi impossibile pensare che in questo 21 marzo 2020 Ayrton compirebbe 60 anni. Troppi per quella sua immagine di eterna giovinezza lanciata costantemente oltre qualcosa, anche se sono trascorsi quasi 26 anni dall’1 maggio 1994 in cui un destino crudele lo strappò alla vita.
Era un predestinato. Figlio del Brasile di buona anzi ottima famiglia; educazione vecchio stampo, religiosa e blindata sui suoi valori. Un’unica passione: le corse. Meglio: la velocità. Inizio nei kart, con i primi grandi successi. L’approdo all’Inghilterra, paradiso delle competizioni. Una scala ripida, arrampicata di petto: Formula Ford, Formula 3 britannica, a quei tempi vera fucina di campioni.